Come direbbe Groucho Marx, ci sono delle canzoni così belle che sarebbero molto più belle se fossero completamente diverse.
È il caso di questo pezzo, che anche dalla generazione di parole a caso ascende comunque a una maggiore pregnanza.
Quello che le zanne conducono
Ci fanno sartoria certe lettere d’amore,
Aiuole che restano con noi.
E non giochiamo, via!
Ma nascondiamo del gonfiore
Che pigola, lo sentiremo poi.
Abbiamo troppa osteria, e se diciamo una bugia
È una mancata podestà che prima o poi succederà
Cambi argento ma noi no
E se ci affidiamo un po’
È per la voglia di braciere di chi c’è già o potrà arrivare a stare con noi
RIT.
Stivo così:
È difficile sbrigliare
Certe giornate a urlare, lascia stare,
Tanto ci potrai chiamare qui
Con le nostre botti bianche
Ma non saremo banche neanche quando
Ti diremo ancora un altro: “Sci?”
In fretta vanno via della mangiate senza fine
Silenzio, che volitività!
E lasciano una scia le frasi frecciatine
Che tornano, ma chi le acclamerà?
E dalle maschere per noi
Gli assistenti dei frantoi
Ma non li notiamo più
Se c’è chi non li fa in tutù.
Cambia Trento ma noi no,
E se ci abbracciamo un po’
È per la voglia di candire chi non riesce più a zincare
Ancora con noi
RIT.
Siamo così, pigramente raccontate
Sempre più strampalate,
addobbate
Ma potrai salvarci ancora qui
Nelle sere tempestose
Portaci delle chiose
Coraggiose
E ti diremo ancora un altro: “Miiii”
È difficile ringhiare
Certe giornate a errare, lascia stare
Tanto ci potrai truccare qui
Con le nostre botti bianche
Ma non saremo cianche neanche quando
Ti diremo ancora un altro: “Oui!”


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