Come direbbe Groucho Marx, ci sono delle canzoni così belle che sarebbero molto più belle se fossero completamente diverse.
È il caso di questo pezzo, che anche dalla generazione di parole a caso ascende comunque a una maggiore pregnanza.
Quello che le fronde ridicono
Ci fanno bizzarria certe lettere d’amore,
Le scuole che restano con noi.
E non ridiamo, via!
Ma nascondiamo del colore
Che mugola, lo sentiremo poi.
Abbiamo troppa afasia, e se diciamo una bugia
È una mancata rarità che prima o poi succederà
Cambi a stento ma noi no
E se ci incartiamo un po’
È per la voglia di piviere di chi c’è già o potrà arrivare a stare con noi
RIT.
Scavo così:
È difficile forgiare
Certe giornate a urlare, lascia stare,
Tanto ci potrai guidare qui
Con le nostre botti bianche
Ma non saremo cianche neanche quando
Ti diremo ancora un altro: “Miiii”
In fretta vanno via della risate senza fine
Silenzio, che semanticità!
E lasciano una scia le frasi endorfine
Che tornano, ma chi le ammasserà?
E dalle nacchere per noi
Gli eccipienti dei cowboy
Ma non li capiamo più
Se c’è chi non li fa in Perù.
Cambi argento ma noi no,
E se ci ammiriamo un po’
È per la voglia di blandire chi non riesce più a ballare
Ancora con noi
RIT.
Siamo così, fiaccamente raccontate
Sempre più marmellate,
colorate
Ma potrai incontrarci ancora qui
Nelle sere tempestose
Portaci delle chiose
Fantasiose
E ti diremo ancora un altro: “Oui!”
È difficile zirlare
Certe giornate a urlare, lascia stare
Tanto ci potrai bastare qui
Con le nostre botti bianche
Ma non saremo banche neanche quando
Ti diremo ancora un altro: “Chi?”
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